Come presentare un test o una verifica per non influenzare i risultati

Oct 15, 2021
 

Avete presente quell'elettricità che si sprigiona in un'aula di scuola quando l'insegnante annuncia un compito in classe? Per qualcuno è uno stimolo a dare il meglio, ma per qualcun altro è un motivo di agitazione e magari di blocco. 

Esistono buone pratiche per fare in modo che ogni alunno sia il più possibile a suo agio durante un compito in classe, una verifica o un test. Questo è importante affinché ciascuno ottenga il miglior risultato possibile. Ma diventa fondamentale nel caso di un test scientifico come il Bin o l'Ac-Mt, perché altrimenti non si ottengono dati paragonabili tra loro e si compromette la misurazione.

In questo episodio dell'Approfondimento del giovedì vediamo quali sono queste buone pratiche e un po' di esempi che vi torneranno utili la prossima volta che direte: "Oggi compito in classe!".

Buona lettura.

 

Quando proponiamo un compito in classe oppure un test Bin o Ac-Mt (ovvero un test di primo livello, non clinico, fatto apposta per essere somministrato dai tutor dell'apprendimento, dagli insegnanti e dagli educatori) facciamo sempre molta attenzione a evitare che gli alunni copino. Se copiano, infatti, ottengono risultati superiori alle loro conoscenze. Non sempre poniamo altrettanta attenzione a evitare che gli alunni ottengano risultati inferiori alle loro conoscenze.

Anche le condizioni psicologiche dell'alunno, infatti, sono fondamentali: se è in ansia per il test che sta per svolgere può ottenere meno di quanto potrebbe. E questo non solo è un peccato per l'alunno, ma è un problema per l'insegnante perché ricava indicazioni fuorvianti e potrebbe decidere di rispiegare o potenziare argomenti che in realtà sono già stati compresi.

 

10:25 Mentalità fissa e mentalità di crescita.

Anche sopportare la pressione e gestire l'ansia sono ovviamente aspetti importanti della vita, che possono essere utili a ogni essere umano per riuscire a performare sempre al meglio. Ma sono importanti soprattutto per gli atleti, per i musicisti che si esibiscono o in altri ambiti dove l'accento è sulla prestazione. La scuola dovrebbe invece offrire un modello di apprendimento diverso: non basato sulla prestazione ma sull'abitudine a imparare, non sul compito in classe ma sul percorso di apprendimento. Gli alunni dovrebbero uscire da scuola con la consapevolezza che imparare cose nuove e provare gioia mentre si impara è un'abitudine quotidiana, una parte fondamentale dell'essere umano, e che l'obiettivo dell'apprendimento non è la singola prestazione ma migliorare sé stessi.

L'ansia è l'insorgere di pensieri limitanti nella nostra testa, credere che non abbiamo abbastanza potere per ottenere il risultato che vogliamo e che qualunque cosa facciamo non è abbastanza. Per inquadrare meglio come l'ansia può depotenziarci ci facciamo aiutare da un bellissimo libro della psicologa Carol Dweck dal titolo Mindset, che mostra come la nostra mentalità può influire sulla nostra vita.

Secondo Carol Dweck esistono due tipi di mentalità, ovvero di teorie su noi stessi. La prima è la mentalità fissa (fixed mindset), la seconda è la mentalità di crescita (growth mindset).

Chi ha una mentalità fissa crede di essere in un certo modo: è così, era così in passato e sarà così in futuro perché non può cambiare. Pensa, ad esempio, di non essere portato per la matematica, per le lingue straniere, per il disegno, per la musica o per la danza. Chi ha questo tipo di mentalità interpreta i test come la scoperta di qualcosa che fa parte della sua identità: se il test va male vuol dire che non è portato o non è capace e questa consapevolezza lo accompagnerà per sempre, come un'etichetta.

Chi ha una mentalità di crescita sa di essere sempre all'interno di un percorso di miglioramento. Quindi un test diventa come un fotogramma di un film, rappresenta un momento della propria vita e non diventa la propria identità. Quando un bambino entra in questa mentalità si ritrova a dire frasi come: "Ho faticato in questa verifica, ma meno dell'ultima volta", ovvero nota i particolari che fanno emergere un percorso di miglioramento.

 

18:01 Come la mentalità influisce sull'ansia.

Vediamo come queste due mentalità influiscono sull'insorgere dell'ansia. Quando l'insegnante entra in classe e dice: "Oggi compito in classe!", l'alunno con una mentalità fissa vivrà quel momento come l'attesa di scoprire se ha o non ha una certa capacità. E se scoprirà di non averla penserà di essere fatto così e di non poterla ottenere in futuro.

Il test diventa così un giudizio su come è fatto. E per questo genera una risposta di fuga. Questo succede a tutti noi: cerchiamo di evitare le cose in cui crediamo di non essere capaci e questo genera un circolo vizioso che ci porta a non migliorare mai e conferma la convinzione che siamo fatti così.

È evidente come questo fenomeno psicologico è deleterio se vogliamo conoscere davvero le potenzialità di un bambino o un ragazzo. Invece chi ha una mentalità di crescita affronta il test con la curiosità di capire a che punto è e come programmare i prossimi passi.

 

21:19 Come si insegna una mentalità di crescita.

La mentalità di crescita si insegna con l'esempio. Per far sì che gli alunni non interpretino i test come una valutazione sulla loro identità, ma come una valutazione del processo di apprendimento, dobbiamo viverlo in questo modo noi per primi. Eppure noi adulti siamo i primi a vivere le valutazioni che riceviamo in maniera identitaria, con una mentalità fissa. Il collega che muove una critica, il superiore che ci rimprovera o anche la prestazione della classe in una verifica: sappiamo interpretare i risultati della classe come un'indicazione per migliorare il percorso di apprendimento? o invece li interpretiamo come un giudizio su noi stessi in quanto insegnanti?

Proviamo a fare un piccolo esercizio:

  • prendiamo un foglio bianco e scriviamo in mezzo, in grande, la parola "TEST",
  • poi scriviamo intorno tutte le parole che ci vengono in mente, ripensando alle verifiche a scuola, agli esami universitari, ai saggi di danza, all'esame della patente, ai colloqui di lavoro o a qualunque altro momento in cui siamo stati sotto esame.

Alcune di queste parole saranno positive, altre negative; alcune potenzianti, altre limitanti. Questo semplice esercizio fa emergere quello che davvero pensiamo a proposito dei test e se ci sono scollature tra quello che diciamo ai nostri alunni e quello che crediamo nel profondo.

Anche questo esercizio non deve essere vissuto con paura ma con curiosità, perché se scopriamo di avere convinzioni contrastanti possiamo imparare a fare pace con gli esami. Anzi, è un esercizio che può essere fatto anche in classe e può aprire un momento di confronto dove anche l'insegnante rivela le proprie emozioni sui compiti in classe.

Non si tratta infatti di capire come siamo fatti, ma di avere consapevolezza di ciò che accade dentro di noi con l'intenzione di cambiare ciò che non ci piace. Molte delle paure che proviamo hanno radici nella nostra infanzia, nel modello che abbiamo ricevuto su come si interpretano i risultati. Un esempio, citato da Carol Dweck, è il sentirsi dire: "Bravo!". Questo complimento apparentemente innocuo porta l'attenzione sulla prestazione e sull'identità: quando la prestazione è buona sei bravo. Ma quando non è buona? Ecco che comincia a generarsi ansia rispetto alla prestazione. Il consiglio che dà Carol Dweck è di fare commenti che si concentrano sul processo: "Apprezzo il tuo impegno", "Quante strategie diverse hai provato".

Per cambiare il nostro approccio, un primo passo è riprendere in mano il foglio con la scritta "TEST" e tutte le parole che ci sono venute in mente e fare questo:

  • cancelliamo tutte le parole che non ci piacciono,
  • scriviamo vicino delle nuove parole con cui le vogliamo sostituirle.

Questo semplicissimo esercizio mette i semi per far fiorire una mentalità di crescita perché vediamo la trasformazione che vogliamo: ad esempio, ansia entusiasmo/eccitazione.

 

36:50 Perché si somministra un test.

Facciamo i test per capire come impostare il lavoro futuro. Un allenatore, ad esempio, testa le caratteristiche dei giocatori per sapere che programma di allenamenti strutturare. Dunque i test non sono giudizi sui giocatori o sugli alunni, né giudizi sull'allenatore o sugli insegnanti.

Quando i nostri tutor dell'apprendimento eseguono un potenziamento in una classe, la prima cosa che fanno è eseguire un test Ac-Mt per fotografare il livello della classe. Questo test dà moltissime informazioni al tutor su come impostare il potenziamento, quali attività scegliere e come personalizzare il percorso sulle esigenze dei singoli. Ma prima abbiamo dovuto lavorare su noi stessi e su come noi vivevamo gli esami per non trasmettere la nostra mentalità fissa ai bambini.

Alla fine siamo riusciti a presentare i test proprio così: come un modo per capire quale gioco educativo faremo la prossima settimana. Deve essere chiaro che è un momento per ridefinire il percorso, per capire quali attività non sono più sfidanti perché ormai le facciamo facilmente e quali su invece bisogna proseguire, magari introducendo delle variazioni.

 

43:22 L'importanza del riscaldamento prima di un test.

Dai nostri studi in psicologia dell'apprendimento e dalla nostra esperienza in questi anni di potenziamenti in classe abbiamo capito che un momento fondamentale è il riscaldamento.

Se gli alunni sono reduci da una lezione di italiano e l'ora dopo l'insegnante entra in aula e distribuisce subito una verifica di matematica, non tutta la classe sarà pronta e veloce ad attivare i processi di apprendimento necessari a eseguire il nuovo compito. Questo perché l'apprendimento dell'italiano richiede l'attivazione di domini cognitivi diversi dalla matematica. Per questo un riscaldamento cosiddetto dominio cognitivo specifico è essenziale.

Il riscaldamento prevede che prima di iniziare il test si svolgano dei piccoli giochi che richiedano le competenze necessarie a risolverlo. Se è un test di matematica, allora si comincerà con giochini che attivino il dominio visuo-spaziale (non quello fonologico, adatto all'italiano). Dopo cinque minuti di riscaldamento siamo sicuri che hanno attivato correttamente i processi cognitivi adatti a eseguire il test.

Questi pochi minuti, oltre ad attivare correttamente il cervello, sono utili anche a portare gli alunni nella giusta situazione emotiva. Insomma, si rivelano fondamentali per standardizzare il test, portare tutti nella giusta condizione mentale per dare il meglio.

Il riscaldamento dovrebbe essere divertente, richiedere la scelta di strategie e l'attivazione della creatività. Il gioco, infatti, facilità le prestazioni cognitive.

In questo modo avremo più certezza che i risultati del test rappresentano le effettive conoscenze dell'alunno e non sono frutto di elementi estranei come la situazione emotiva o la lentezza nel passare da un'attività cognitiva all'altra. Immaginate la situazione in cui somministriamo un test Ac-Mt o Bin a inizio anno, raccogliamo dei risultati, impostiamo il lavoro e poi nel re-test i risultati sono peggiori perché gli alunni erano sotto pressione o mentalmente stanchi: non potremo capire se il peggioramento è dovuto a un percorso sbagliato o allo stato mentale della classe e quindi non sapremo se progettare attività diverse per il futuro.

 

51:08 Correlazione tra mentalità e prestazioni future.

Un articolo del 2020 di David Yeager e Carol Dweck su American Psychologist si domanda Cosa possiamo imparare dal dibattito sulla mentalità di crescita (la traduzione del titolo dall'inglese è nostra). Una delle domande che questi studi hanno generato è se una mentalità di crescita può prevedere i risultati futuri degli studenti. La risposta che possiamo trarre dagli studi scientifici eseguiti finora è che è stata osservata una correlazione tra mentalità e risultati: una mentalità fissa predice risultati più bassi rispetto a una mentalità di crescita.

Questo diventa sempre più fondamentale in un mondo dove l'apprendimento è sempre più centrale. Le persone devono continuamente imparare nuove capacità per restare al passo con il mondo del lavoro e sempre più spesso cambieranno più lavori nel corso della vita (perché sempre più lavori vengono automatizzati). In questo scenario, che è già presente ma sarà sempre più attuale col passare degli anni, è importantissimo insegnare a un bambino che non è fatto così ma può migliorare, può imparare cose nuove.

Un'ultimo aspetto che vediamo oggi, utilissimo per costruire una mentalità di crescita, è incentivare l'autovalutazione. In Finlandia si chiede ai bambini, fin da piccoli, di colorare delle scalette per autovalutarsi. In questo modo sono loro i primi a decidere come si sentono, senza aspettare sempre un giudizio da un adulto.

Abituiamoci a chiedere all'alunno di autovalutarsi, prima di dargli un giudizio. Questo costruisce l'ambiente ideale per dare poi il meglio nelle verifiche perché con l'abitudine ad autovalutarsi arriverà al momento del test più consapevole di ciò che sa fare e di ciò che non gli riesce bene.

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