Perché troppi aiuti danneggiano il processo di apprendimento

Feb 11, 2022

Spesso vediamo dei libri di testo con le soluzioni troppo vicine agli esercizi. Altre volte vediamo gli insegnanti fornire mappe di studio agli studenti. Ma tutti questi aiuti fanno bene agli studenti? O sono un ostacolo nel processo di apprendimento?

Nel ventunesimo Approfondimento vi mostreremo perché fornire troppi aiuti ai bambini e ragazzi rende più lento e difficoltoso imparare.

 

In questo episodio:

00:00 Introduzione
03:15 Sapere il risultato inibisce l'autovalutazione
17:40 Spesso i libri di testo non allenano alla comprensione
31:57 Cosa accade crescendo 
39:10 Perché è meglio prendere appunti a mano

 

Sapere il risultato inibisce l'autovalutazione.

Come ci ricorda la professoressa Daniela Lucangeli nelle sue conferenze, quando un bambino è troppo piccolo per salire facilmente le scale ma vuole provarci bisogna permettergli di farlo. Se lo prendiamo in braccio lo aiutiamo a fare le scale, ma non sta imparando a farle da solo. Dobbiamo allora pesare l'aiuto: a volte basta l'incoraggiamento, a volte serve un sostegno o un rialzo che renda il gradino meno alto. Lucangeli usa spesso questa metafora per far capire che l'aiuto che forniamo ai bambini può essere un ostacolo al loro apprendimento.

Prendiamo ad esempio la pagina di un libro di testo di matematica. Troviamo sulla sinistra le espressioni e sulla destra, tra parentesi, la soluzione. Qui il problema è che non si può evitare di leggere il risultato che deve venire. Così l'obiettivo diventa far venire il risultato: è il sapere il risultato che li guida, gli fa capire se si stanno avvicinando o allontanando. Ma non è così che avviene nella verifica e, soprattutto, non è così che avviene nella vita: è la capacità di stimare il risultato e di autocorreggersi durante l'esercizio a guidarti. Ma queste capacità non vengono allenate quando il libro mette il risultato troppo vicino all'esercizio. Questo è un caso di aiuto che ostacola l'apprendimento.

Quando siamo andati a studiare il sistema finlandese abbiamo scoperto che, nella scuola primaria, l'organizzazione delle esercitazioni di matematica è completamente diversa. Innanzitutto i libri si trovano già in classe, all'interno di un armadio, e rimangono a disposizione degli alunni da un anno all'altro. I bambini prendono i libri, li aprono alla pagina indicata e trovano un riassunto dell'argomento e una serie di esercizi senza soluzioni. Le soluzioni non si trovano da nessuna parte in quei libri. Solo quando hanno terminato gli esercizi e sono soddisfatti del loro lavoro vanno alla cattedra e consultano il libro dell'insegnante, che è identico ai loro ma ha anche i risultati. L'insegnante con cui abbiamo parlato noi aveva questa regola: se hai sbagliato uno o nessun esercizio vai pure avanti agli esercizi dopo, se ne hai sbagliati due o più fermati e li rivediamo insieme. In questo modo ognuno ha la sua velocità di apprendimento e la didattica risulta molto più personalizzata. Inoltre si allena l'autovalutazione, perché ciascun alunno decide quando andare a controllare il risultato per capire se l'esercizio è giusto. In questo modo i bambini sviluppano la capacità di monitorarsi sia durante l'esercizio, perché devono capire se hanno preso la strada giusta per risolverlo, sia al termine, perché devono stimare da soli se il risultato è plausibile o potrebbe esserci un errore.

 

Spesso i libri di testo non allenano alla comprensione.

Se riponiamo il libro di matematica e cominciamo a sfogliare quello di storia, geografia o scienze scopriamo un altro aiuto che potrebbe essere modulato diversamente. Si tratta dell'eccesso di titoletti di paragrafo, grassetti, parole o frasi colorate, specchietti e schemi. 

Un testo non dovrebbe già fornirci le parole chiave da memorizzare perché il processo cognitivo che serve a riconoscere quali sono è parte dell'apprendimento e serve a memorizzarle e interiorizzarle meglio. Di fronte a una pagina piena di parole in grassetto il lavoro di sottolineatura è già fatto: l'alunno può risottolineare le parole già evidenziate dal libro, oppure saltare direttamente il passaggio di sottolineare, ma in entrambi i casi si perde un momento fondamentale per rielaborare il testo e memorizzarlo. Se i concetti chiave sono sempre dati, quando un alunno impara a riconoscerli da solo?

Tutti questi aiuti sui libri di testo possono a volte portare gli alunni a prendere un voto più alto alla verifica. Ma non allena a comprendere e rielaborare il testo in autonomia, un'abilità molto più importante che memorizzare un singolo argomento in vista di una verifica.

Diversi studi dimostrano che la capacità di memorizzare e connettere le informazioni aumenta se possiamo agire sul libro, ad esempio sottolineando, evidenziando o prendendo appunti sui margini.

 

Cosa accade crescendo.

Gli aiuti eccessivi durante gli anni scolastici, dunque, limitano le occasioni per sviluppare abilità fondamentali nella vita come l'autovalutazione, la comprensione e rielaborazione del testo o la capacità di prendere appunti. Sempre più lavori richiedono la continua acquisizione di nuove competenze e informazioni, ma come possono riuscirci gli alunni di oggi se non li alleniamo a farlo?

Questo non significa che l'alunno deve essere lasciato da solo di fronte al testo, ma che deve essere aiutato a rielaborarlo da solo. L'obiettivo della scuola dovrebbe anche essere insegnare il processo mentale che serve a riconoscere le parole chiave e a memorizzare un argomento. Quindi l'insegnante sarà al fianco dell'alunno nell'aiutarlo a creare una mappa mentale, ad esempio, ma senza fornirgliela già fatta. Oppure aiutarlo a sottolineare le parole chiave in un testo senza grassetti. Nel caso della matematica si può fotocopiare la pagina con gli esercizi e bianchettare i risultati.

Il tempo in più che si impiega a imparare un argomento quando non si padroneggiano ancora queste abilità diventerà tempo risparmiato, in futuro, quando le padroneggeranno.

 

Perché è meglio prendere appunti a mano.

Gli studiosi Pam Mueller e Daniel Oppenheimer delle università di Princeton e California si sono chiesti se La penna è più potente della tastiera nei processi di apprendimento. La loro conclusione è:

"Abbiamo notato che prendere più appunti può essere utile, ma chi prende appunti al computer ha la tendenza a trascrivere le lezioni alla lettera invece di elaborare le informazioni e riformularle con parole proprie e questo è dannoso per l'apprendimento".

Anche la tastiera è un aiuto perché permette di scrivere più velocemente, ma inibisce la capacità di rielaborare la lezione mentre l'insegnante parla. E secondo questo studio "danneggia l'apprendimento". 

Questo ci suggerisce anche dettare degli appunti non è utile. Ovviamente le prime volte gli alunni faranno più fatica, ma perché stanno parallelamente acquisendo anche la capacità di rielaborare la lezione sul momento. Col passare del tempo useranno questa abilità per imparare più velocemente ed efficacemente.

Secondo Patricia Ann Wade, una specialista dell'apprendimento della School of Medicine dell'Università dell'Indiana:

"Scrivere comporta l'uso della mano e delle dita per formare lettere [...] i movimenti sequenziali delle dita attivano più regioni del cervello associate all'elaborazione e al ricordo delle informazioni".

Dunque è il gesto stesso dello scrivere ad attivare dei processi cognitivi utili a ricordare. Ovviamente non deve essere così per sempre: ci sono occasioni in cui è importante trascrivere più velocemente, quindi la tastiera è lo strumento migliore. Ma questo avverrà più avanti. Quando i bambini sono più piccoli e stanno costruendo le loro abilità di comprensione e memorizzazione è meglio prendere appunti a mano.

 

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