Spunti educativi da Davide Mazzanti, coach della Nazionale femminile di volley

Dec 05, 2022

Davide Mazzanti è l'allenatore della Nazionale italiana femminile di pallavolo che negli ultimi due anni ha vinto l'Europeo e la Nations League. In questo approfondimento racconta il suo approccio basato su pochi "princìpi" (che non sono regole, ma punti di partenza) e sulla fiducia in sé stessi. Scopriremo molti spunti educativi che vanno oltre l'ambito sportivo e sono preziosi anche a scuola e a casa.

 

 

 

In questo episodio:

00:00 Introduzione
03:20 Rispettare il senso del gioco
16:06 L'importanza di autovalutarsi
25:56 Ridefinire il concetto di fiducia
47:59 
Fare le domande giuste

 

Rispettare il senso del gioco

Nella sua carriera di grande successo come allenatore di pallavolo, Davide Mazzanti ricorda due allenamenti che lo hanno colpito particolarmente. Non sono allenamenti con un top club o con la Nazionale italiana femminile, ma con dei giovani con poca o nessuna esperienza.

"Il primo si è svolto a Bergamo, - racconta. - Inizio organizzando una partitella sei contro sei dando dei princìpi. Ho detto che la pallavolo si compone di tre tocchi, il primo serve a salvare il pallone, il secondo serve ad avvicinarlo alla rete e il terzo a fare punto. Abbiamo dato dei nomi a questi tocchi: Salva, Avvicina e Spara. All'inizio regnava molta confusione, visto che i ragazzi non avevano mai giocato a pallavolo. Così abbiamo fermato la partita e li abbiamo fatti concentrare su due principi alla volta. In poco tempo sono riusciti a interiorizzarli e a stare in campo in maniera efficace. L'ultima azione fu perfetta e suscitò un boato di approvazione in tutta la palestra. Ci siamo emozionati tutti, io compreso. Me lo ricordo bene proprio per questa partecipazione di tutti, per la capacità di interpretare quei princìpi".

L'aspetto interessante di questo allenamento è i fatto che Mazzanti e il suo staff ha resistito alla tentazione di fermare il gioco dopo le prime azioni fallimentari per esercitare i fondamentali: "Avevo fiducia nel fatto che un gruppo con dei princìpi potesse arrivare a stare in campo. Abbiamo ridotto un po' la complessità isolando due principi alla volta, ma rispettando sempre lo spirito del gioco. Non abbiamo voluti ridurlo a singolo gesti separati dal contesto, perché questa banalizzazione non costruisce qualcosa di efficace".

Questa idea di non spezzettare il gioco vale anche per l'apprendimento: dividere il processo in piccole procedure fa perdere il senso globale di ciò che si sta imparando. Invece assegnare dei princìpi e lasciare più liberi i giocatori o gli alunni di interpretarli consente di tenere sempre presente l'obiettivo finale.

Il secondo allenamento che è rimasto nel cuore di Mazzanti si è svolto Conegliano: "Abbiamo organizzato un allenamento con delle giovani pallavoliste Under 13 prima di una partita di Serie A. Le ragazze coinvolte conoscevano le giocatrici della prima squadra, così abbiamo trasformato i nomi dei princìpi in quelli delle migliori interpreti della prima squadra: salva è diventato Monica, avvicina è diventato Alicia e spara è diventato Megan. Questo ha dato un modello, un'ispirazione. Perfino il loro allenatore è rimasto sorpreso dalle giocate di quella squadra".

 

L'importanza di autovalutarsi

Un altro punto di contatto tra l'approccio di Davide Mazzanti e l'apprendimento scolastico (o l'apprendimento in generale) è l'importanza di autovalutarsi. Come spiega Mazzanti, per un atleta è fondamentale comprendere la sensazione che prova in una situazione di gioco e valutare il risultato alla luce di quella sensazione, non dei riscontri esterni: "Quando tu fissi un obiettivo, - racconta, - raggiungerlo porta a tirare un sospiro di sollievo e togliersi un peso. Quando invece il processo è una serie di autovalutazioni, la soddisfazione per un risultato raggiunto rimane dentro di te e ti accompagna".

Questo, appunto, vale anche per l'apprendimento. Come abbiamo già raccontato diverse volte ogni alunno dovrebbe essere incentivato ad autovalutarsi perché questo innesca dei meccanismi di metacognizione fondamentali al processo di apprendimento. 

Conclude Mazzanti: "È vero che non si finisce mai di imparare, ma questo vale solo quando siamo in grado di autovalutarci. Se abbiamo sempre bisogno di riscontri esterni il meccanismo si inceppa". 

 

Ridefinire il concetto di fiducia

Dopo il primo quarto d'ora di allenamento a Bergamo, Mazzanti ha mantenuto la fiducia di portare quel gruppo a giocare a pallavolo anche se ciò che vedeva sul campo non lo suggeriva. Questo perché bisogna ridefinire il concetto di fiducia: "La fiducia è alla base di un percorso educativo. Il problema è che siamo abituati a dare una fiducia condizionata, come fanno le banche quando danno un prestito. La fiducia va data a quello che possiamo fare, non a quello che abbiamo fatto. Questo aiuta a non togliere la fiducia dopo un fallimento, perché la fiducia la accordiamo a quello che possiamo fare in futuro".

Quando si incontra un problema, il segreto è viverlo non come un problema ma come una sfida. Ovviamente non sempre è possibile. Quando il problema permane, si tratta di togliere peso alla situazione, lasciarlo da parte e non pensarci. Quando si torna a mente libera sulla stessa situazione è di nuovo possibile viverla come una sfida.

In questo modo non si comunica la difficoltà, l'allarme e la necessità di risolvere il problema. Se si trasforma in una sfida si apre la possibilità di abbassare la pressione e avere più energia positiva per affrontarla.

A volte può capitare di avere più fiducia dell'atleta (o dell'allievo) nelle sue possibilità. In questi casi bisogna sempre resistere alla tentazione di risolvere un problema al suo posto, perché non sarebbe d'aiuto. È importante mantenere la dimensione della sfida e continuare ad avere una fiducia autentica nel fatto che potrà farcela.

 

Fare le domande giuste

L'esperienza come allenatore o educatore aiuta a porre le domande giuste: "Nelle domande si nasconde la possibilità di far migliorare l'atleta". Mazzanti ha realizzato una gerarchia di tre momenti per migliorare i gesti atletici:

  • prima il gesto deve essere economico, ovvero usando meno movimenti possibili,
  • poi deve essere comodo, ovvero in confidenza e sicurezza,
  • infine deve essere efficace, ovvero deve raggiungere l'obiettivo.

Le domande che pone alle sue atlete dipende dal momento gerarchico in cui si trovano e servono a porre l'attenzione su uno di questi tre livelli.

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